Ridurre le scorte con un approccio strutturale
Sollecitate dalla crisi e non solo, negli ultimi anni le aziende hanno intrapreso varie attività di riordino dei propri magazzini. Questi momenti sono anche un’occasione unica per valutare il livello di gestione delle scorte.

Fondamentalmente detenere un certo quantitativo di scorte è necessario per qualunque azienda di produzione o distribuzione.
È evidente che mantenere troppe scorte comporta un peggioramento dell’efficienza di utilizzo del capitale, come pure – d’altra parte, tenendone troppo poche si rischia di incorrere in mancanze di materiali o di ridurre l’efficienza produttiva. Gestire le scorte significa trovare il giusto equilibrio tra i due estremi, nonché dare sostenibilità alla gestione determinando i volumi in misura opportuna ai fini del ritorno degli investimenti, dell’aumento di produttività, della riduzione dei costi e dell’incremento della qualità nelle consegne.
La corretta gestione delle scorte è uno dei capisaldi strategici che l’azienda può e deve utilizzare per reagire con tempestività ai mutamenti imposti dall’ambiente esterno e dalla società.
Data l’accelerazione dei cambiamenti che interessano il mondo industriale e la società contemporanea in genere, è facile prevedere che in futuro l’importanza di tale attività sia destinata a crescere progressivamente.

Ruolo ed effetti negativi delle scorte 

Il ruolo delle scorte si articola nei 5 aspetti che di seguito elenchiamo:

attutire la variabilità della domanda. Per mantenere o aumentare la produttività a fronte delle variazioni della domanda, è indispensabile preordinare una produzione stabile. Ciò significa produrre quando la domanda viene meno, premunendosi per quando la capacità produttiva non è sufficiente.

far fronte alle incertezze di produzione o di approvvigionamento. I tempi di produzione o approvvigionamento possono subire alterazioni per svariate cause, interne ed esterne – che spesso rappresentano motivo di disagio per il cliente finale o per le fasi di lavoro a valle (clienti esterni e/o interni). In tali frangenti le scorte agiscono da polmone e consentono di rimediare ad eventuali ritardi di consegna.

potenziare i benefici della produzione in serie e di forniture a lotti. Se si produce solo quanto richiesto e si procede realizzando piccoli lotti di prodotto, si rischia che ogni cambio formato generi qualche perdita. Onde evitare tali perdite, si può optare per una produzione continuativa in serie, aumentando così l’efficienza della fabbricazione. Ciò comporta indubbiamente il mantenimento di un certo quantitativo di scorte a magazzino.

assorbire il mancato bilanciamento della capacità tra fasi di processo successive. Difficilmente la capacità delle singole fasi di processo si presenta naturalmente omogenea.

Laddove si ha poca capacità, si interviene con una produzione anticipata o con un allungamento dei tempi di impegno (saturazione) delle risorse disponibili.

 contrarre i tempi di consegna e produzione. Il polmone di scorte – di materia prima e componenti, o di prodotto finito che sia – idealmente permette di rispettare le date di consegna al cliente. D’altro canto, determina un allungamento del lead time complessivo, senza contare che finanziariamente presenta il rischio di diminuire il valore dell’azienda, poiché ha impatto sul cash flow – che si contrae – e sul ROA – che peggiora. L’aspetto più problematico è dato dal fatto che la disponibilità delle scorte “copre” alcuni problemi di fondo, che rimangono sommersi e su cui non vengono attuate pertanto azioni risolutive (problem solving).

Capire le perdite mediante un approccio strutturale alle scorte

Le aziende che intraprendono azioni di riduzione delle scorte tra le loro attività di miglioramento sono moltissime, ma colpiscono in particolar modo i casi in cui ci si limita ad iniziative “clamorose” ed “una tantum”, che non sempre generano gli effetti sperati. Interventi incisivi e radicali di riduzione delle scorte motivati dall’urgenza di conseguire obiettivi specifici finiscono infatti per ritorcersi in alcuni casi contro l’interesse effettivo, poiché capita che determinino anche la mancanza di materiali di cui di fatto si ha necessità.
L’approccio strutturale alle scorte consiste in una classificazione qualitativa dei materiali a magazzino e in una distinzione dei materiali in “utili” e “non utili”. Una volta che si riesca ad aver chiaro l’oggetto rispetto al quale operare la riduzione di materiale di scorta, si potrà procedere realmente ai tagli, con cognizione di causa.
Un metodo adottabile nel concreto è il calcolo delle quote teoriche rispetto al totale dei volumi a magazzino.

Ciò permette di evidenziare gli scostamenti come eccedenze e di intervenire con azioni di ridimensionamento a partire proprio da tali surplus. Se non da sistemi di produzione privi di regole precise sugli anticipi di produzione, gli esuberi di magazzino derivano perlopiù da commesse improvvisamente ridimensionate / cessate o da scostamenti rispetto a previsioni di vendita. È importante che le azioni di miglioramento vengano orientate tenendo conto della causa specifica che ha determinato l’eccedenza.

La quota di scorta teorica si riferisce alla scorta operativa e alla scorta di sicurezza, ma dipende dall’accuratezza delle previsioni di vendita e del piano di produzione ad esse collegato, per cui è condizionata dalla dimensione dei lotti di produzione / approvvigionamento, nonché dai relativi tempi di attraversamento e dalla percentuale di mancanti.
Poiché il circolante e la scorta di sicurezza riflettono la capacità operativa reale – produttiva e commerciale – di quel preciso momento, ridurre la scorta teorica significa incrementare la capacità operativa di fatto esplicata dal punto di vista sia produttivo che distributivo.
Si consideri inoltre che non mancano esempi di aziende che strutturano le proprie scorte di modo che, a seconda delle caratteristiche dell’attività d’impresa, la scorta tattica corrisponda ad una parte di materiali che si vogliono mantenere disponibili per ragioni “tattiche”, ossia politico-strategiche. Su tale genere di scorta, livellare i carichi di lavoro in funzione dell’oscillazione della domanda significa garantire i volumi per commesse già definite, clienti specifici o anticipi di produzione. In questi casi si possono ottenere benefici attivando una gestione separata rispetto alle scorte comuni.
Quali sono però i metodi per determinare i volumi ottimali in un’ottica di approccio strutturale alle scorte? Questo il tema che ci accingiamo a trattare.

Determinare il livello più conveniente di scorte

La scorta operativa

Le scorte che si utilizzano correntemente per realizzare le attività di produzione, approvvigionamento e distribuzione vengono definite “scorta operativa”. Quest’ultima comprende scorte in ingresso e scorte in uscita, come illustrato dal diagramma a triangoli rettangoli del riquadro in basso a sinistra nella figura 3. L’altezza dei triangoli (che corrisponde alla dimensione del lotto in ingresso) diventa la scorta massima, che – con il passare del tempo – si riduce a zero. La scorta media può calcolarsi come: scorta massima/2=dimensione lotti in ingresso/2.
Il valore ottimale di scorta operativa dipende da vincoli di produzione, di acquisto e logistici. Nello specifico, tali vincoli possono riassumersi come segue.

Vincoli principali:
1. ciclo di programmazione, relativo alla produzione programmata
2. produzione per lotti (batch nel caso di processi di trasformazione, come il chimico- farmaceutico) al fine di garantire capacità produttiva e produttività
3. acquisto per lotti, ai fini del controllo del costo unitario di acquisto
4. pieno carico per la riduzione dei costi di trasporto

La scorta di sicurezza

Se, in caso di oscillazione della domanda, nel determinare il livello di scorta ci si limita a considerare il volume riferito alla domanda media, si incorre inevitabilmente in mancanza di materiale. Per questa ragione, in previsione di variazioni della domanda, occorre aggiungere alla scorta che permette di far fronte alla domanda media un quantitativo che permetta di scongiurare il rischio di mancanze di materiale – ossia la quota parte di materiali cui ci si riferisce con il termine di “scorta di sicurezza”. Presumendo che l’oscillazione della domanda segua una distribuzione regolare, si considerano i mancanti come coefficiente di sicurezza. Anche rispetto alle variazioni del tempo di attraversamento (lead time), occorre che queste ultime vengano considerate nel calcolo della scorta di sicurezza, benché in molti casi si preferisca in realtà partire dal presupposto di un ritardo di consegna e ci si riferisca quindi ad un tempo massimo. Il valore ottimale per una scorta di sicurezza va definito tenendo conto delle esigenze dei vari enti: distribuzione, produzione ed approvvigionamento, sia che si parli di oscillazione della domanda (e laddove vi sia una programmazione, del grado di accuratezza di quest’ultima), o di valore corretto del lead time.

Ridimensionamento dei lotti e dei cicli per ridurre la scorta operativa

Sapere che la riduzione della scorta operativa dipende dal ridimensionamento dei lotti di produzione e approvvigionamento, non vuol dire che ridurre le scorte sia facile. Anzi: l’azione di ridimensionamento è una delle attività più difficili da mettere in pratica.

Infatti, prima di tutto occorre considerare che ridurre le dimensioni dei lotti significa anche aumentare il numero dei cambi formato e delle emissioni di ordine ai fornitori, ragione per cui l’efficienza si riduce. Nel momento in cui si stabilisce il lotto ottimale di produzione, è pertanto indispensabile ragionare sul punto di equilibrio tra costi dei cambi formato e rischi di mantenimento del materiale a scorta. In buona sostanza ciò significa esaminare un “pacchetto” di azioni di miglioramento su cambi formato ed altri aspetti della produzione, adottando, ad esempio, tecniche quali il Rapid Tool Setting (RTS).

Laddove non si riesca ad aumentare il numero dei momenti di revisione della programmazione, né a condurre altri interventi che consentano di fare fronte altrimenti, e più tempestivamente, al variare della domanda, il ridimensionamento dei lotti perderà i suoi legami con la riduzione della scorta operativa.

Al fine di ridurre i cicli di programmazione, occorre poter raccogliere informazioni dal mercato per ciascun periodo (planning bucket) previsto da piano. È possibile ottenere dal ridimensionamento dei cicli il massimo risultato solo costruendo un sistema che permetta di conoscere in tempo reale i trend di distribuzione commerciale, e di incrociare questi dati con quelli a consuntivo della distribuzione dell’ultimo periodo (settimana, o giorni precedenti).

Ridurre la scorta di sicurezza aumentando il grado di accuratezza delle previsioni e la riduzione del LT

Il presupposto fondamentale nella produzione su previsione è che “non si vende ciò che si è prodotto”, bensì “si produce ciò che si vende”. Per questo è necessario elaborare stime dei volumi di vendita su basi statistiche o gestionali. La previsione della domanda consiste nella elaborazione dei suddetti dati in modo oggettivo e scientifico.

Trattandosi di previsione – e dunque di stima – è importante che sia un elaborato scevro da elementi di intenzione soggettive.
Nel momento in cui alla stima si aggiunge il giudizio dell’uomo, si trasforma il dato di previsione in una base di riferimento per intraprendere le attività operative (piano di produzione). Inoltre, giacché i dati di previsione della domanda possono contenere scostamenti dovuti ad errore, è importante che qualunque tipo di programmazione contempli strumenti di verifica e rilevamento di eventuali discrepanze, per poter correggere conseguentemente la previsione delle vendite. Per quanto riguarda le direttrici del miglioramento, può dirsi efficace un percorso che, grazie alla riduzione del lead time, riesca a: correggere di qualche punto la previsione della domanda → aumentare il grado di accuratezza della programmazione abbassare lo standard della scorta di sicurezza.

Ponendo ad esempio di avere un LT di produzione di 1 mese, la preparazione della produzione (programmazione inclusa) dovrà essere condotta a partire dal mese precedente, con un livello di accuratezza della capacità previsionale non sempre soddisfacente.
Nel momento in cui si riuscisse a ridurre il LT di produzione ad una settimana, la relativa attività preparatoria verrebbe eseguita con una settimana di anticipo ed un livello di incertezza sicuramente inferiore, dato dalla maggiore visibilità su un periodo più ravvicinato (previsioni più esatte, programmazione più affidabile).
Due sono i fattori che concorrono alla contrazione del tempo di attraversamento (lead time): programmare secondo cicli brevi e ridurre i tempi di produzione (approvvigionamento). Contrarre i tempi di produzione significa agire sui tempi di lavorazione netti e sulla sincronizzazione delle fasi di processo.

Il tempo netto di lavorazione è dato dal tempo necessario alla pura esecuzione dell’attività operativa, mentre bisogna intervenire soprattutto per ridurre i tempi di attesa dei materiali/componenti, di emissione degli ordini di produzione, etc. che non sono parte intrinseca della fabbricazione, come pure occorre incidere sulla percentuale di pezzi di cattiva qualità.
La sincronizzazione delle fasi di processo richiede invece interventi per uniformare la dimensione dei lotti, la sequenza di produzione e la capacità produttiva delle fasi coinvolte.